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La popolazione mondiale va verso i 10 miliardi di persone, un numero enorme che non siamo capaci di concepire, “una turba immensa, che nessuno poteva contare, d’ogni nazione e tribù e popolo e lingua” (Apocalisse 7,9). Se dicessimo un numero al secondo, occorrerebbero 20 anni per contare fino ad un miliardo. Pure continuiamo ad affrontare i problemi con la mentalità di quando potevamo contarci. In Italia, dove ci si dispera per l’invecchiamento della popolazione (forse sarebbe meglio uccidere tutti appena raggiunta una età definita dallo Stato?), i 57 milioni di abitanti continuano a vivere sfruttando anche quei monumenti, quel territorio che sono stati costruiti nei secoli da un quinto della popolazione attuale. La densità della popolazione, parametro rintracciabile su qualsiasi atlante geografico, ma sempre dimenticato, pone seri problemi di sopravvivenza se si fa riferimento alle risorse locali, problemi che non emergono al momento grazie all’uso delle risorse provenienti dal resto del mondo.

Può questo sistema perpetuarsi usando le stesse chiavi di lettura del mondo che venivano usate quando le città non raggiungevano i 50000 abitanti? Fino al 1700 solo poche città avevano raggiunto e mantenuto popolazioni intorno ai 200000 abitanti; l’antica Roma imperiale, Venezia, Città del Messico. La prima famosa anche per le sue fognature, le altre perché sorte su una laguna. L’incapacità di organizzare strutture tecnico sanitarie complesse e di controllare le epidemie ha impedito fino al 1800 la crescita delle città.

Queste sono sempre stati luoghi particolari, isole in un mare di territorio scarsamente popolato, abitato spesso da briganti o santi. Le città chiudevano a sera le loro mura per tener fuori gli sbandati o poveri o predoni. Nello stesso tempo le città erano il luogo del mercato, dell’incontro, ma anche della perdizione o della libertà. Entrare in un libero comune del medioevo, diventare cittadini, poteva liberare dalla servitù della gleba. In città le idee circolavano, si produceva ricchezza. Una città di 40000 abitanti, Firenze, fu culla di quell’umanesimo che originò la cultura occidentale odierna. Questa piccola, rispetto ad oggi, città intratteneva rapporti con tutto il mondo allora conosciuto, elaborava idee nuove, arricchiva e prestava denaro ai potenti della terra. Anche allora l’informazione e la sua circolazione creavano ricchezza. Che cosa si intende per informazione e che legame esiste con la creazione di ricchezza?

Informare, mettere in forma, dare forma (Devoto). Tutte le volte che produciamo un oggetto, diamo forma ad una materia prima altrimenti non utilizzabile, aggiungiamo informazione ad un materiale che solo così diviene significativo nei nostri rapporti con il mondo e gli uomini. Ne segue che i trasporti permettono lo scambio di informazioni sotto forma di prodotti e del modo di produrli, essi sono una rete di comunicazione, come si dice usualmente, cioè di scambio di informazione. Lo sviluppo di linee di trasporto è sempre stato all’origine della crescita di città ed economie, basti pensare alle città nate lungo le piste carovaniere, alla realizzazione delle grandi linee ferroviarie dell’ottocento, che permisero lo sviluppo economico del Far West americano e dell’Europa, alla transiberiana, che ha permesso di “unificare” la grande Russia.

L’incremento dei trasporti non significa solo maggiore quantità di prodotti scambiati, ma riducendo i tempi di comunicazione, comporta la possibilità di modificare anche la qualità dei prodotti, si pensi ai prodotti deperibili, conducendo anche ad una più rapida interazione tra  culture sempre più lontane spazialmente.

Lo scambio di conoscenze, di informazione permette poi di aumentare le risorse disponibili per coprire i bisogni fondamentali od indotti delle società. Le risorse infatti non sono altro che materiali suscettibili di utilizzazione per ottenere prodotti, cioè materia organizzabile per la produzione, per inglobare informazione.

Firenze 8 settembre 1994